Alla fine non è andato tutto bene.
È successo tutto e il contrario di tutto, rinnegando e smentendo tutto quello che è stato detto e non detto.
Perché, diciamocelo, ci hanno raccontato il bello e il buono, tralasciando la melma in cui si giocava la partita della nostra vita.
Chi non doveva ammalarsi si è ammalato.
Chi non doveva morire è morto nella solitudine più desolante.
Chi doveva stare tranquillo, perché c’erano le istituzioni a vegliare sul popolo italiano, piange gli affetti più cari con la preoccupazione del portafogli vuoto. E del frigorifero vuoto.
Chi rassicurato aspettava il suo sussidio, il salvagente per la propria azienda, due soldini per arrivare a fine mese nonostante la pandemia, si ritrova in banca a chiedere l’elemosina.
Altro che slogan.
Andrà tutto bene. Dicevano.
E invece abbiamo accumulato più morti della Cina, morti neanche meritevoli di un funerale.
Ci ritroviamo, come al solito, col senno del poi. Che oggi a cosa serve se non ad alimentare il rammarico del “se”.
SE avessimo fatto, SE avessimo detto. SE ci avessero detto.
Se avessero mantenuto ciò che avevano promesso.
Se avessero messo da parte la burocrazia scavalcando qualsiasi ostacolo pur di aiutarci davvero.
Se avessero messo da parte l’orgoglio politico per tutelare e salvaguardare la dignità della gente.
Se avessero guardato più attentamente negli occhi terrorizzati dei malati, dei figli, delle mogli, dei padri, e dei medici e degli infermieri che continuano a fare la conta delle perdite. E che muoiono, anche loro, assurdamente e banalmente per la mancanza dei presidi sanitari che sono alla base di una sanità degna di questo nome.
Tutto bene un cavolo.
Ne usciremo, non manca molto.
Ma ne usciremo con le ossa rotte, anzi stritolate. E valli a ritrovare tutti i pezzi.
È il puzzle della vita che questa volta ha mischiato proprio per bene le sue tesserine.
Dicono che siamo italiani e che siamo bravi ad incaSSare.
Ma attenzione a quelle due esse